Un’emozionante riflessione sulla Pasqua di casa, a Fiume…

Ancora un’emozionante riflessione pasquale della nostra Annamaria Marincovich da Buenos Aires, un misto di ricordi teneri e drammatici e naturalmente, di nostalgia.

Pasqua a casa, a Fiume.

Sabato di Gloria.
Così chiamavano il sabato prima della domenica festiva.
Una tavola, e sopra una delle più belle tovaglie bianche. Alle nove del mattino, cominciavano i preparativi.
La prima cosa, uova colorate con le scorze delle cipolle, con i disegni fatti da noi, o con la carta velina colorata con motivi vari che aderivano alle uova bagnate, facendo una specie di “calcomania” – come la chiamavamo allora -, dopo pochi minuti si poteva toglierla, e i disegni si potevano riutilizzare.
Lo scalogno, con l’olio d’oliva e sale. Il prosciutto crudo: che profumi nell’ambiente! Formaggio, salame ed altre cose che solo a pensarle, ti fanno venire l’acquolina in bocca.
Certamente non mancava il rametto dell’ulivo benedetto della domenica precedente, quella delle Palme, e lì vicino la nostra famosa pinza, però attenti: non si poteva mangiarla fino alla domenica di Pasqua, dopo essere stata portata in chiesa e benedetta. Ancora non era l’ora di cominciare a provare quei buoni bocconcini, bisognava aspettare, ed ecco, si sentivano le sirene delle fabbriche, delle navi, le campane delle chiese che suonavano a festa, allora tutti correvano a bagnarsi gli occhi con l’acqua benedetta che avevamo in casa, o con quella semplice del rubinetto.
La gente si abbracciava felice: era Risorto il Signore!
La domenica di Pasqua, tutta la famiglia andava in chiesa, sfoggiando vestiti nuovi e, chi poteva, anche le scarpe nuove, altrimenti quelle già in uso venivano spazzolate e lucidate per bene, perché sembrassero nuove…
Finita la S. Messa, e dopo aver fatto gli auguri a parenti e amici presenti, i ragazzi non vedevano l’ora di ritornare a casa per rompere l’uovo di cioccolato, non tanto per mangiarlo dopo il pranzo, ma per vedere cosa c’era dentro: la sperata sorpresa.

Poi venne la guerra.
Sulla tovaglia bianca restava poco dei buoni bocconcini; soprattutto c’era qualche fotografia di papà che combatteva lontano, oppure di un fratello o altri parenti. Dopo il momento della Resurrezione, c’erano tante preghiere perché i nostri ritornassero sani e salvi a casa.

Oggi, siamo lontani da Casa, nei Paesi dove viviamo gli usi sono differenti, ma dentro di noi rimane il ricordo della Pasqua di Casa Nostra, e la fortuna di augurare con le nostre parole:

ve desidero de cor, Bona Pasqua a tuti!
Annamaria